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L’infinito non è solo un simbolo matematico, è uno scopo. Scriviamo per lasciare un segno, per incidere le nostre iniziali nel tempo, per cambiare il mondo. Scriviamo per sentirci infiniti, per portare il lettore in un altrove che solo noi padroneggiamo. Scriviamo per produrre parole, emozioni, immagini talmente grandi e potenti da ispirare chi legge.

E in questo – sogno, scopo – infinito, spunta una penna a forma di S maiuscola.

Ma non una penna qualunque. Una penna di Albatros, il grande uccello di mare, tanto potente e maestoso nei cieli, tanto tenace nella tempesta, quanto maldestro sulla terraferma. Come me, che con l’immaginazione so volare alto, costruire mondi, generare emozioni, mentre nella realtà sono talmente imbranata e con la testa tra le nuvole che finisco spesso per inciampare o distruggere qualcosa, di solito il bicchiere lasciato sull’orlo.

L’ispirazione viene da una delle mie poesie preferite, “L’Albatros” di Baudelaire, che riporto qui con una mia traduzione.

L’albatros

Spesso, per diletto, gli uomini d’equipaggio
catturano gli albatros, grandi uccelli di mare,
che seguono, indolenti compagni di viaggio,
la nave che scivola sulle onde amare.

Appena sulla prua si vanno a posare
questi re dell’azzurro, maldestri e pietosi,
le grandi ali bianche lasciano cadere
come remi che trascinano vergognosi.

Come è goffo e stanco, il viaggiatore alato!
Come è comico e brutto, Lui, prima così fiero!
L’uno lo tormenta col mozzicone infuocato,
l’altro mima lo zoppo che volava nel cielo!

Questo principe delle nubi è come il Poeta,
può sfidar la tempesta e l’arcier beffeggiare:
ma esiliato al suolo tra la gente irrequieta
le sue ali da gigante lo fanno inciampare.